L’antico gioco degli astragali

Filosofi, matematici, linguisti, psicologi, antropologi, sociologi, etologi e pedagogisti hanno studiato, con approcci disciplinari diversi, le attività ludiche, senza però trovare un vero e proprio filo conduttore. Quando si parla di gioco non ci si trova infatti di fronte a qualcosa di nudo o di isolato ma ad un termine che evoca grappoli di idee e moltitudini di concetti‘ (F. Cambi, G. Stacciali, a cura di, Il gioco in Occidente. Storia, teorie, pratiche, Armando Editore, 2007, Roma, p. 27).

Gli astragali  (lat. talus-i) sono piccoli ossi a forma di cubo [Fig. 1] che si trovano nell’articolazione della gamba e del piede dell’uomo e negli arti posteriori dei quadrupedi.

Fig.1, Astragali

Fin da epoche antichissime l’utilizzo degli astragali degli animali (in particolare di capre, montoni e bovini), ha avuto valenza ludica, soprattutto tra le popolazioni dedite alla pastorizia (Asia Minore, Grecia, Italia, Palestina). La pratica del gioco degli astragali (detta anche degli aliossi), è comunemente considerata come l’antecedente del gioco dei dadi.

La forma degli astragali  presenta due facce piatte, una faccia concava ed una convessa. Ad ogni faccia veniva attribuito un valore numerico specifico, cioè 1 (monas), 3 (trias), 4 (tetras), 6 (hexas), [Fig.2].    

Fig. 2, Valore numerico assegnato ad ogni faccia degli astragali    

Le due facce opposte di ogni astragalo davano come somma 7, esattamente come nei moderni dadi. Il gioco degli astragali coinvolgeva sia gli adulti che i bambini e per questi ultimi l’ossicino rappresentava una sorta di pedina con cui poter elaborare ogni volta una diversa tipologia di gioco; i più piccoli adoperavano anche altri oggetti (noci, ghiande, sassolini) che potessero assolvere alla stessa funzione degli astragali: la possibilità di essere lanciati [Fig.3].

                                         

Fig. 3, Statua romana, Fanciulla che gioca agli astragali, II sec. a.C, Antikenmuseum, Berlino

I giochi “da lancio” erano principalmente tre e consistevano nella tropa (la fossetta), nell’omilla e nel pentelitha (le cinque pietre).

Nel primo gioco si dovevano lanciare gli astragali all’interno di una piccola buca scavata sulla terra (oppure dentro ad un recipiente), da una determinata distanza; nel secondo caso, la prova di abilità consisteva nel lanciare i propri astragali all’interno di una cerchio tracciato sul terreno cercando di colpire gli astragali degli avversari per farli uscire dalla linea di contorno, facendo attenzione a non far uscire i propri. Infine, nella gara del pentelitha (il tipo di gioco prediletto dalle donne), si dovevano lanciare in aria cinque astragali (oppure cinque sassi), riuscendo poi a farli ricadere tutti sul dorso della mano.

Per gli adulti la valenza del gioco era invece determinata principalmente dal valore attribuito ad ogni faccia dell’astragalo (proprio come per i dadi), cioè dal risultato numerico che si poteva ottenere durante ogni partita.

Gettando gli astragali a terra veniva considerato il valore della faccia rivolta verso l’alto, oppure  venivano sommati i valori ottenuti nelle diverse combinazioni (ognuna delle quali aveva un proprio nome).

L’astragalo assumeva in questi casi la funzione vera e propria del dado e questo consentiva di poter giocare utilizzando due metodi; il primo era l’artiàzein (il semplice gioco del “pari o dispari”) di cui ci fornisce testimonianza Platone:

‘Entrati, trovammo che i ragazzi avevano finito il sacrificio, e, terminata o quasi la cerimonia, giocavano agli astragali, tutti vestiti da festa. I più giocavano fuori nel cortile, ma altri a pari e dispari in un angolo dello spogliatoio‘ (AA.VV, Platone, Liside, in Opere complete, Editori Laterza, 1998, Bari, p. 184).

Il secondo metodo era  la  pleistobolinda: attraverso il lancio di quattro astragali, si doveva ottenere il risultato più alto sommando i diversi valori. Le combinazioni numeriche ottenibili erano 35, e questo consentiva ad ognuna di esse di assumere un valore autonomo, oltre a quello dato dalla somma vera e propria. Presumibilmente anche la caduta a terra dell’astragalo su un lato o su un altro rappresentava un ulteriore elemento di difficoltà attraverso cui poter incrementare punti.

I giocatori erano due e gli astragali dell’avversario, oltre a rappresentare lo strumento con cui effettuare la partita, diventavano alla fine il bottino ambito dal vincitore. Con un solo colpo fortunato le sorti della gara potevano essere completamente ribaltate in ogni momento, fino alla fine del gioco.

Ogni lancio aveva un nome dedicato alle divinità, a personaggi illustri, oppure – essendo il gioco praticato dagli adulti – l’ispirazione era fornita da nomi di cortigiane famose.

Il colpo di Afrodite era considerato il migliore e consisteva nell’ottenere quattro facce diverse; con il colpo del cane, invece, si otteneva purtroppo il valore più basso (monas) in tutte le quattro facce.

Il gioco degli astragali poteva essere svolto ovunque e in qualunque circostanza; Plutarco racconta che Alcibiade giocava ad astragali fin da piccolo:

Ancora in tenera età, Alcibiade si divertiva con gli astragali in una strada angusta, ma, durante un lancio, un carro sopraggiunse verso di lui. Dapprima, dunque, egli ordinò a chi conduceva il carro di fermarsi; infatti il lancio era caduto sulla traiettoria del carro‘ (vd. Plutarco, Coriolano ed Alcibiade, in Vite Parallele, Biblioteca Universale, Rizzoli, 1993, Milano).

Nonostante la varietà delle combinazioni che accompagnavano l’intera partita, e il conseguente desiderio di sfida fino all’ultimo lancio, le difficoltà tecniche di questo gioco fecero sì che venisse abbandonato con la fine dell’antichità, per lasciare spazio ai classici dadi, gioco di gran lunga più semplice [Fig. 4].

Fig. 4, Epoca romana, Dadi in osso

Si può supporre che l’importanza attribuita alle diverse combinazioni ottenibili con il lancio degli ossicini, abbia potuto determinare la possibilità di interpretare tali risultati, facendo così assumere agli astragali non solo un significato ludico ma anche rituale: divinatorio, magico, religioso. Per questo motivo, in numerosi contesti archeologici, all’interno delle sepolture (in particolare di bambini), sono stati rinvenuti molti esemplari di astragali come facenti parte del corredo funerario dei defunti.

Le ricerche archeologiche hanno permesso di rinvenire diverse tipologie di astragali: grezzi, a facce lisciate, piombati, inscritti, forati, bronzei o dipinti.

Un mirabile esempio di astragalo in ceramica dipinta è conservato al British Museum di Londra [Figg. 5, 6, 7], vi sono rappresentate fanciulle danzanti  che si tengono per mano e altre che fluttuano leggerissime nell’aria. La figura maschile barbuta, con il mantello che gli cinge la vita, è fissata nell’atto di muovere le braccia davanti alle ragazze e rappresenta, presumibilmente, Eolo che dirige la danza delle nuvole; l’eleganza e la raffinatezza di questo esemplare sono inarrivabili.

Fig. 5, Astragalo attico dipinto, V sec. a.C., British Museum, Londra

Fig. 6, Astragalo attico dipinto, V sec. a.C., British Museum, Londra

Fig. 7, Astragalo attico dipinto, V sec. a.C., British Museum, Londra

Questi oggetti assunsero inoltre una valenza votiva e venivano portati in dono alle divinità nei luoghi di culto, come dimostrano gli astragali ex voto ritrovati in alcuni luoghi sacri della Palestina, della Fenicia, della Siria, dell’Asia Minore, della Grecia e della Sicilia.

Nell’Antro Corico, sul Monte Parnaso, sono stati rinvenuti numerosi astragali grezzi che recano delle lettere incise; lettere che facevano evidente riferimento ai nomi delle divinità e degli eroi: Zeus, Nike, Teti, Achille, Eracle, etc…

Le offerte di astragali comprendevano anche quelli prodotti artificialmente, realizzati utilizzando diversi materiali: oro, argento, cristallo di rocca, avorio, bronzo, terracotta, onice, vetro, cobalto, ambra, etc… [Figg. 8, 9].

Fig. 8, Astragali in vetro, cobalto e ambra (III-II sec. a.C)

Fig. 9, Astragali, dalla collezione del British Museum, Londra

Gli astragali venivano inoltre lanciati in presenza della statua di una divinità per ottenere un responso oracolare. Un’altra funzione svolta da questi ossi era quella apotropaica; il potere magico che veniva attribuito agli astragali è attestato dall’uso che ne veniva fatto portandoli come pendagli-talismani. Per tutti questi motivi fu data la forma dell’astragalo a diverse tipologie di oggetti: basi di statue, vasi attici, pesi, lingotti e la loro rappresentazione si trova con molta frequenza in diverse tipologie di manufatti di arte antica. Gli astragali furono utilizzati perfino come simboli ponderali e monetari, entrando così nella quotidianità, non soltanto ludica o religiosa.

L’astragalo è anche una pianta perenne, appartenente alla famiglia delle leguminose, dalla note virtù terapeutiche [Fig. 10]. I suoi principi attivi immunostimolanti, sono qualità conosciute e sfruttate fin dall’antichità. Il nome di questo piccolo arbusto erbaceo deriva dal fatto che Greci chiamassero alcune leguminose ‘astragali’, per le loro radici nodose che facevano pensare a delle vertebre. Secondo un’altra ipotesi, invece, è dal nome di un legume, che presentava forma cubica e che veniva chiamato astragalo, che è derivato il nome del piccolo osso che si trova nelle articolazioni umane e in quelle animali.

Fig. 10, Astragalus purpureus

L’arte greca e quella romana presentano numerosi esempi di astragalizontes (giocatori di astragali) ed astragalizousai (giocatrici di astragali). Iconograficamente, le rappresentazioni ritraggono i soggetti per lo più accovacciati a terra, nell’atto di lanciare gli astragali:

https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/04/canova-le-giocatrici-di-astragali/

https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/08/le-giocatrici-di-astragali-del-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-niobe-le-figlie-e-leto/

https://www.labellarivoluzione.it/2020/04/08/le-giocatrici-di-astragali-del-british-museum/

Lucia Borri

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