La Madonna di Montemignaio

Nello scenario verde e boscoso del Casentino, in direzione di Firenze, si incontra il piccolo borgo di Montemignaio, abitato da poco più di 500 persone. Nel borgo c’è la Pieve di Santa Maria Assunta [Figg. 1-3], una delle numerose pievi romaniche che trapuntano il Casentino e che creano un bellissimo itinerario artistico e spirituale nelle profondità silenziose delle foreste, dense di echi lontanissimi e di spiragli di luce che filtra, prepotente, tra gli alberi.

Figg. 1, 2, 3, Pieve di Santa Maria Assunta, Montemignaio, Arezzo

All’ interno di questa pieve romanica dedicata a Santa Maria Assunta, c’è un’opera pittorica delicata e sottile realizzata da Giovanni di Francesco Toscani (Firenze, 1372-1430), artista già noto come il ‘Maestro della Crocifissione Griggs’. Sulla tavola è rappresentata la Madonna col Bambino [Fig. 4].

Fig.4, Giovanni di Francesco Toscani, Madonna col Bambino, 1415-1420, Arezzo, Montemignaio, Pieve di Santa Maria Assunta

Il bambino ha l’espressione furba, la fronte spaziosa coronata da boccoli d’oro e mostra i piedini mossi da una certa eccitazione puerile, gioca compiaciuto con la veste della madre che lo sostiene, ferma, nella culla delle proprie braccia e lo guarda con una tenerezza che sembra fatta di zucchero.

La Madonna, sine labe originali concepta, ha la purezza di un giglio di campo, è coperta dal manto che ha il colore del cielo, blu profondo. Il bordo del velo trasparente, le incornicia bene l’ovale del volto setoso, levigato. L’eleganza delle punzonature delle due aureole e la morbidezza diffusa che caratterizza quest’opera, rendono la tavola un esempio concreto, puntuale di come sia facile scovare, in ogni angolo impensato del territorio italiano, opere d’arte straordinariamente interessanti; opere che vivono lontane dalle mete turistiche alienanti, straripanti di gente dove si consumano vere e proprie indigestioni artistiche che si rivelano, solitamente, esperienze estetiche assolutamente inutili. Fuorvianti, oserei dire.

Anticamente quest’opera era collocata nel vicino Oratorio della Madonna delle Calle [Fig. 5], costruito intorno ad un originario tabernacolo viario, cioè una piccola struttura architettonica contenente un’immagine sacra, in questo caso una Madonna con il Bambino a cui i pellegrini attribuivano poteri miracolosi. Un tempo era consuetudine edificare queste piccole edicole votive agli incroci delle strade o sui sentieri e la loro realizzazione era legata principalmente ad una grazia ricevuta, alla speranza di ricevere protezione durante il cammino oppure alla semplice devozione nei confronti di un particolare santo o della Madonna.

Fig. 5, Oratorio della Madonna delle Calle, Montemignaio, Arezzo

L’opera che propongo, è stata attribuita anche al pittore fiorentino Rossello di Jacopo Franchi (nato a Firenze nel 1376 e vissuto nella stessa città fino al 1456), esponente di quello stile che trovo sempre amabile; lo stile fiorito, ricco di decorativismo lineare e preziosismi agiografici, fiabeschi che viene definito in maniera unanime come tardogotico. ‘Fiorentino’, nella fattispecie. Rossello di Jacopo Franchi, che fu allievo del pittore miniaturista Lorenzo Monaco (Firenze, 1370 ca. – 1425 ca.), non abbandonò mai le formule pittoriche imparate dal maestro, le riformulò, nel corso della propria carriera professionale, ma non se ne distaccò mai del tutto. La lezione spaziale che stavano mettendo in atto a Firenze ‘i compagni di prospettiva’ Masaccio, Brunelleschi e Donatello, non riuscì ad attecchire nell’arte di Rossello. Bellissima, l’Incoronazione della Vergine e santi conservata alla Galleria dell’Accademia di Firenze [Figg. 6-10].

Figg. 6-10, Rossello di Jacopo Franchi, Incoronazione della Vergine, prima metà XV sec., Firenze, Galleria dell’Accademia

Ora, riguardo all’attribuzione della Madonna di Montemignaio, Miklós Boskovits parlando del ‘modellato morbido’ e dei ‘colori smaltati’ della Madonna di Montemignaio, fa riferimento a Giovanni Toscani (cfr. Boskovits Miklós in Masaccio e le origini del Rinascimento, 2002, p. 58). Andrea Staderini la definisce come ‘un piccolo capolavoro’ di Giovanni Toscani in territorio aretino (cfr. Staderini Andrea in Arte in terra d’Arezzo. Il Quattrocento, 2008, p. 52); infine una bellissima mostra dal titolo ‘Jacopo del Casentino e la pittura a Pratovecchio nel secolo di Giotto‘, realizzata a Pratovecchio nel 2014 su progetto della Galleria degli Uffizi, ha ufficialmente esposto questa tavola come opera di Giovanni di Francesco Toscani.

Trovo comunque interessante proporre due confronti stilistici: il primo tra l’opera casentinese ed una raffigurante il medesimo soggetto e realizzata da Rossello di Jacopo Franchi [Figg. 11-15]; il secondo tra la Madonna di Montemignaio e un’altra Madonna sempre di Giovanni Toscani.

Fig. 11, Rossello di Jacopo Franchi, Madonna col Bambino, inizio XV sec., Firenze, Tavarnelle Val di Pesa, Museo d’Arte Sacra

Nella tavola di Rossello, la Madonna, rivolta verso lo spettatore, muove giocosamente le dita sulla pancia del bambino, come a volergli fare il solletico. Il bimbo tiene in una mano un cardellino (simbolo della morte di Cristo sulla croce), e con l’altra mano tira un lembo del velo della madre, come per voler attirare la sua attenzione; ed anche l’espressione del volto, fissa su quello materno, sembra esprimere lo stesso intento. Straordinariamente elegante la ‘copertina’ con cui è avvolto il piccino: fiori dorati su un morbido tessuto color avorio. Le punzonature delle due aureole sono meno ricercate, meno raffinatedi quelle della tavola di Montemignaio e l’oro è rimasto soltanto in alcune parti del fondo dell’opera. I cromatismi e le formule pittoriche che definiscono i volti, gli occhi, le mani, i capelli, sono completamente diversi, confrontando le due opere. Ma uno degli elementi che maggiormente differenzia le due tavole è il modo con cui è stata rappresentata l’immagine del Bambino; uno dei due pargoli ha il collo svettante, ben definito, l’altro no! Uno è un bambino paffuto e possente, l’altro sembra un uomo in miniatura. Tutti i tratti somatici e l’espressività dei due volti, vanno in direzioni completamente diverse.

Ecco il secondo confronto. Questa volta, come ho anticipato, tra la Madonna di Montemignaio ed un’altra opera eseguita da Giovanni di Francesco Toscani conservata a San Pietroburgo [Fig. 16]. L’analisi di queste due tavole credo che risolva qualunque tipo di dibattito riguardo all’attribuzione della Madonna casentinese [Figg. 17-22].

Fig. 16, Giovanni di Francesco Toscani, Madonna col Bambino, 1420, San Pietroburgo, Hermitage Museum

In questo confronto le assonanze stilistiche sono evidenti. Gli occhi ‘con l’eyeliner’ della Madonna, a mio avviso non lasciano spazio ad alcun dubbio. I due Bambini pasciuti e floridi sembrano fratelli, sia per l’epressione birbante stampata sul volto che per i loro rispettivi tratti somatici; tutti e due col ricciolo a onda – che sembra fatto con un bigodino – a coronare la fronte alta. Gli atteggiamenti, sia delle due madri che dei bambini, sono praticamente identici. Le madri guardano – attente – i loro figli, i bambini guardano – giocosi – lo spettatore.

Lo sguardo della Madonna di Montemignaio risulta sicuramente più intenso e penetrante di quello della tavola russa e anche gli incarnati, nel primo caso, sono più soffici e luminosi; ma questo potrebbe essere una semplice questione di pulitura dell’opera stessa, cioè un fattore legato a quella che in gergo viene chiamata patina (già ‘patena’, nel Vocabolario del Baldinucci).

Nella tavola di San Pietroburgo, l’irradiamento dei raggi di luce dietro alle due figure ed il cuscino rosso damascato su cui è assisa la Madonna, regalano a quest’opera un’impronta di raffinatezza stupefacente.

Lucia Borri

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