Desiderio da Settignano, ‘il lieve scorrer della luce’

‘Come fu compreso l’homo novus di Donatello? Egli ha intorno a sé collaboratori come Michelozzo ed è maestro di una schiera numerosa di scultori come Pagno di Lapo, Urbano da Cortona, Simone Ghini, Bertoldo, Bellano, Desiderio da Settignano, Agostino di Duccio; e poiché la personalità dell’artista è così alta e complessa, lo stile di lui può essere variamente interpretato o sviluppato secondo la sensibilità e il temperamento di ognuno di costoro. Inoltre, avendo Donatello operato anche fuori di Firenze, i suoi discepoli che divulgano i nuovi ideali della Rinascita, sono non solo fiorentini ma anche toscani e di altre regioni italiane’ (Salmi Mario, L’arte italiana, vol. II, Sansoni Editore, 1952, p. 516).

L’homo novus di Donatello fu compreso benissimo! Mario Salmi, nel volume che ho appena citato, fa riferimento ad un gruppo molto interessante di scultori che riuscirono a modulare, secondo le proprie attitudini creative ed il proprio spirito, l’idea innovativa e dirompente di scultura che Donatello propose, durante la sua lunghissima vita, in maniera assolutamente libera. Lo scenario artistico divenne così ricchissimo di sfaccettature formali e di intenti personali diversificati e tutti degni di nota [Figg. 1, 2, 3, 4, 5, 6].

Fig. 1, Pagno di Lapo Portigiani e Michelozzo, Dossale d’altare, 1449-1452, Firenze, Museo Stefano Bardini

Fig. 2, Urbano da Cortona, Monumento funebre di Cristoforo Felici, 1463, Siena, Basilica di San Francesco

Figg. 3, Simone Ghini, Monumento funebre di papa Martino V, part., 1443, Roma, Basilica di San Giovanni in Laterano

Fig. 4, Bertoldo di Giovanni, La sorte dell’anima, part., 1490 ca., Prato, Poggio a Caiano, Villa medicea

Fig. 5. Bartolomeo Bellano, Davide con la testa di Golia, 1470, New York, Metropolitan Museum of Art

Fig. 6, Agostino di Duccio, Putti danzanti e musicanti, 1449-1457, Rimini, Tempio malatestiano

Tra ‘costoro’ ci fu anche Desiderio da Settignano, un artista lirico, elegante. Fa parte di quegli autori meno conosciuti che, una volta scoperti, riescono  a lasciare un segno profondo negli occhi di chi guarda. Nel 2007 una bellissima mostra su Desiderio da Settignano esposta al Bargello (Firenze), ha consolidato in maniera irreversibile la mia propensione verso questo artista sottile e fresco come un filo d’erba marzolino.

Desiderio nacque nel 1430 nel borgo di Settignano, una frazione di Firenze, e proprio a Firenze morì nel 1464. La sua morte precoce non rappresenta un limite (dal punto di vista dell’espressione artistica), dal momento che le vibrazioni di luce pittorica che rivestono le sue opere, non hanno eguali, regalano una manifestazione scultorea inarrivabile per finezza e garbo.

I bambini dalle guance piene, con le loro espressioni incerte o coi sorrisi zampillanti, rappresentano una delle pagine più tenere, eppure più incisive e potenti, della storia dell’arte [Figg. 7, 8, 9].

Fig. 7, Desiderio da Settignano, Busto di bambino, 1460 ca., Washington D.C., National Gallery of Art

Fig. 8, Desiderio da Settignano, Fanciullino che ride, 1460-1464, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Fig. 9, Desiderio da Settignano, Gesù Bambino, 1460-1464, Washington D.C., National Gallery of Art

Intorno alla metà del XV secolo, a Firenze, Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano, Antonio e Bernardo Rossellino, oltre a riformulare i caratteri stilistici del monumento funerario, riscoprirono le formule classiche del busto-ritratto [Figg. 10, 11].

Fig. 10, Mino da Fiesole, Busto di Niccolò Strozzi, 1454, Berlino, Bode-Museum

Fig. 11, Antonio Rossellino, Busto di Antonio Chellini, 1456, Londra, Victoria and Albert Museum

Già Donatello (1386-1466), di cui questi artisti furono i successori, si fece portatore di un’idea completamente profana nella produzione dei busti-ritratto che non avevano più la funzione di reliquiari. La produzione di busti-reliquari è attestata già a aprtire dall’ XI secolo. Si tratta di strordinarie opere di oreficeria realizzate utilizzando pietre e metalli preziosi. A questo proposito, il primo (straordinario) esempio che mi viene in mente, è il Busto reliquiario di sant’Orsola che si trova nella Pinacoteca comunale di Castiglion Fiorentino (AR), un’opera raffinatissima di manifattura francese in argento policromo, pietre naturali, smalti e paste vitree, risalente alla prima metà del XIV secolo [Fig. 12].

Fig. 12, Manifattura francese, Busto reliquiario di sant’Orsola, prima metà XIV secolo, Castiglion Fiorentino (AR), Pinacoteca comunale

Pur non avendo la solennità celebrativa dei busti-ritratto della classicità, (penso ai busti degli imperatori romani, per esempio), che esaltavano la potenza terrena dei soggetti rappresentati, i ‘nuovi’ ritratti scultorei rinascimentali dichiaravano comunque quel tipo di matrice creativa e narrativa; divenne di un genere scultoreo che non faceva più riferimento a concetti trascendenti o anche solo vagamente spirituali, religiosi, ‘medievali’. L’uomo del Rinascimento è più un letterato che un uomo di fede. La componente intellettuale umanistica, con il suo sguardo rivolto alla classicità attraverso gli studia humanitatis, è una formula da dover tenere sempre in considerazione pensando alla cosiddetta rinascita delle arti che a Firenze trovò uno dei suoi più prestigiosi e ricchi scenari espressivi.

Lo spirito umanizzante che iniziò ad investire la ritrattistica scultorea del XV secolo, è lo stesso che vide lo sviluppo di un genere di rappresentazione pittorica denominato Ciclo di uomini illustri. Quello dipinto da Andrea del Castagno nella villa Carducci di Legnaia [Figg. 13, 14], è uno degli esemplari più famosi.

Fig. 13, Andrea del Castagno, Ciclo degli uomini e donne illustri, 1448-1451, Firenze, Villa Carducci di Legnaia

Fig. 14, Andrea del Castagno, Ciclo degli uomini e donne illustri, 1448-1451, affreschi staccati, Firenze, Galleria degli Uffizi. Nel 1969, gli affreschi dei pannelli rappresentanti gli uomini e le donne illustri (già staccati in precendenza), furono collocati nella sala della ex-chiesa di San Pier Scheraggio; chiesa che venne inglobata nel palazzo degli Uffizi costruito da Vasari a partire dal 1560 (vd. https://www.labellarivoluzione.it/2020/11/25/dalla-burocrazia-allarte-gli-uffizi/)

Torniamo a Desiderio da Settignano. Dal borgo di Settignano provenivano anche i fratelli Antonio (1427-1479) e Bernardo Rossellino (1409-1464), che fu l’architetto che trasformò Corsignano, un antico borgo medievale in provoncia di Siena, nella ‘città ideale’ di papa Pio II Piccolomini: Pienza. Nel territorio fiesolano, ci sono numerose cave da cui si estraggono la pietra forte e la pietra serena, chiamata anche pietra bigia e questo è utile per comprendere il motivo della presenza di numerosi scalpellini in questa zona di Firenze.

Sicuramente il passaggio di un astro luminoso come Donatello, fece del capoluogo toscano un enorme laboratorio artigiano in cui la sperimentazione e l’imitazione del maestro, che con la tecnica dello stiacciato unì la poetica della pittura al vigore plastico della scultura, portarono alla nascita di opere molto interessanti. La scultura italiana del Quattrocento offre infatti un repertorio infinito e affascinante, ricchissimo di personalità pregevoli che hanno contribuito a creare, nella nostra mente, l’idea stessa di Rinascimento.

La morbidezza marmorea dell’opera di Desiderio da Settignano , che ‘fece nella sua giovinezza il basamento del David di Donato […] di marmo alcune arpie bellissime et alcuni viticci di bronzo molto graziosi e bene intesi’ (Vasari, 1568), emerge nel ‘disegno’ lieve e contenuto dei volti femminili che sembrano eleganti cigni.

Queste creature lontanissime dal transitare dello spazio e del tempo, hanno gli occhi a mandorla, le fattezze raffinate ed arostocratiche e coi capelli e con le vesti ci raccontano la moda del tempo. Tutto sembra pensato e realizzato sottovoce, Desiderio da Settignano ha attuato perfettamente un’idea di bellezza femminile fatta di misura, di proporzioni appoggiate in modo attento sul marmo bianco. Le labbra chiuse o vagamente propense ad accennare un timido sorriso sono elemento commovente e straordinariamente attraente.

Esemplari stupendi, il Ritratto di gentildonna scolpito con gli aiuti di bottega ed il busto di Marietta Strozzi realizzato per mano dello scultore [Figg. 15, 16, 17].

Fig. 15, Desiderio da Settignano (bottega), Ritratto di gentildonna, 1455-1460 ca., Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Figg. 16, 17, Desiderio da Settignano, Marietta Strozzi (intero e part.), 1460 ca., Berlino, Staatliche Museen

Marietta era la nipote di Palla Strozzi, arguto e raffinato intellettuale, ricchissimo banchiere fiorentino che fu il committente della grandiosa Adorazione dei Magi realizzata da Gentile da Fabriano nel 1423, oggi conservata agli Uffizi ed originariamente destinata alla Cappella Strozzi nella Basilica di Santa Trinita. Nel trionfo colorato, fiabesco, ancora tutto fiorito della scena rappresentata da Gentile, tra gli animali esotici, gli uccelli da caccia e i finimenti d’oro dei cavalli, sono ritratti anche il committente dell’opera, Palla Strozzi, col figlio Lorenzo [Figg. 18, 19].

Fig. 18, 19, Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi (intero e part.), 1423, Firenze, Galleria degli Uffizi

L’attitudine ad una certa gentilezza creativa, in Desiderio si realizza anche nel rilievo. Ancora Donatello è stato il genio che ha saputo creare un effetto pittorico nella scultura attraverso l’utilizzo di una tecnica denominata lo stiacciato.

‘La terza spezie si chiamano bassi e stacciati rilievi, i quali non hanno altro in sé che ‘l disegno della figura con ammaccato e stacciato rilievo. Sono difficili assai, atteso ché è ci bisogna disegno grande e invenzione, avvenga ché questi sono faticosi a dargli grazia per amor de’ contorni. Et in questo genere ancora Donato lavorò meglio d’ogni artefice con arte, disegno et invenzione. Di questa sorte se n’è visto ne’ vasi antichi aretini assai figure, maschere et altre storie antiche. E similmente ne’ cammei antichi e nei conii da stampare le cose di bronzo per le medaglie, e similmente nelle monete’ (Della scultura, in Vasari, Le Vite, 1568).

La prima manifestazione artistica di questa delicatissima tecnica che sembra più ‘evocare’ le cose, anzichè rappresentarle, fissandole così in un accenno scultoreo tenue e bassissimo (stiacciato, appunto), si trova nel Basamento del San Giorgio (il santo uccisore del drago che opprimeva la città libica di Silena). Donatello realizzò quest’opera (oggi conservata al Bargello), tra il 1415 e il 1417 per una nicchia di Orsanmichele, su commissione dell’Arte dei Corazzai e Spadai [Figg. 20, 21].

Fig. 20, Donatello, San Giorgio, 1415-1417, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Fig. 21, Donatello, Basamento del San Giorgio, 1415-1417, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Il rilievo di Desiderio da Settignano sa essere lieve e basso oppure più aggettante e materico, ma in tutti i casi la pietra sembra burro morbido su cui la massa eccedente pare tolta con una facilità quasi fanciullesca.

In modo particolare, trovo bellissimo il tondo del Louvre [Fig. 22], in cui la familiarità giocosa e intensa espressa dai volti e dai gesti di Gesù e del Battista, riesce a creare un gioco emozionale davvero stupefacente. I due bambini si toccano e si guardano con la veridicità e la spontaneità tipiche dei loro pochi anni, hanno ciuffi di capelli ribelli sul capo e sul collo, iconografia esatta, per due dei più grandi rivoluzionari di tutti i tempi. San Giovannino ha la veste ricoperta di peluria riccia (‘Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico‘, Mt 3,4), lo scorcio della sua piccola bocca fermata in un sorriso, è la parte più elevata dell’intera formella.

Fig. 22, Desiderio da Settignano, Tondo con il Bambino e il san Giovannino, 1453-1464, Parigi, Musée du Louvre

Anche il bassorilievo in cui è rappresentato l’anacoreta Girolamo in preghiera nel deserto siriano [Fig. 23], mostra bene la ricca modulazione di spessori che Desiderio era capace di creare. Il cranio alla base della croce, il leone che incede ferito (secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, il leone raggiunse il monastero di san Girolamo per farsi guarire) e il frate che scappa spaventato dalla bestia, sono un ulteriore prova di come l’opera di Donatello ed il suo stiacciato, siano stati studiati e riformulati sapientemente da parte della cerchia di scultori già citati in precedenza: Desiderio da Settignano in primis.

Fig. 23, Desiderio da Settignano, San Girolamo penitente nel deserto, intero e part., 1461 ca., Washington D.C., National Gallery of Art

Nel Tabernacolo di San Lorenzo [Fig. 24], Desiderio riuscì ad esprimere la propria attitudine verso un decorativismo mosso e leggero, lontano dalla fissità imperturbabile delle teste di donna che abbiamo visto sopra. In questo caso, poi, la straordinaria finzione prospettica della volta a cassettoni della parte centrale del tabernacolo, trova richiami puntuali nella Trinità dipinta da Masaccio tra il 1425 e il 1426 in Santa Maria Novella a Firenze e nella volta in terracotta smaltata realizzata da Andrea della Robbia nel 1505 per il Duomo di Pistoia.

Fig. 24, Desiderio da Settignano, Tabernacolo, 1461, Firenze, Chiesa di San Lorenzo

Trovo che nella figura di Cristo deposto dalla Croce e nei due dolenti che lo affiancano – la Madonna e san Giovanni evangelista – Desiderio abbia utilizzato, nei volti, formule quasi caricaturali [Fig. 25]. Forse una sorta di rappresentazione estremizzata della disperazione, ha portato al raggiungimento di espressioni un po’ buffe e malamente identificabili. In effetti in questo artista non esiste il senso della drammaticità dirompente e non c’è mai traccia di quell’intensità, se vogliamo anche anche un po’ noir e terrosa, che contraddistingue invece le opere di altri autori, come ad esempio Donatello nella scultura o Masaccio nella pittura.

Fig. 25, Desiderio da Settignano, Tabernacolo, part., 1461, Firenze, Chiesa di San Lorenzo

I vertici più alti di lirismo e delicatezza, Desiderio li raggiunge nei bassorilievi in cui è raffigurata la Madonna col Bambino [Fig. 26, 27, 28], opere in cui l’ispirazione artistica tocca livelli qualitativi elevatissimi. Si tratta di immagini morbide, avvolgenti, in cui i bambini hanno sempre delle espressioni affettuose e tenere, le madri, con le mani dalle dita bellissime, riservano ai piccoli degli atteggiamenti rassicuranti, fatti tutti di quel materiale rarissimo, quasi ideale oserei dire, che si chiama autentico senso di maternità. Le acconciature, gli abiti, i particolari decorativi che arricchiscono, nutrono la composizione (straordinario il cordino decorato a palmette, nella Madonna della Galleria Sabauda), mostrano ancora l’assoluta abilità tecnica acquisita da Desiderio muovendo i suoi primi passi artistici in ambito donatelliano.

Fig. 26, Desiderio da Settignano, Madonna col Bambino, 1450 ca., Torino, Galleria Sabauda

Fig. 27, Desiderio da Settignano, Madonna col Bambino, 1455-60, Philadelphia, Museum of Art

Fig. 28, Desiderio da Settignano, Madonna Panciatichi, 1460 ca., Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Per quanto riguarda il monumento funebre realizzato per l’umanista Carlo Marsuppini (1398-1453), cancelliere della Repubblica fiorentina che per primo tradusse in esametri latini il primo e il nono libro dell’Iliade, mi servo ancora del buon Vasari. Vasari che, nella redazione della Vita di Desiderio da Settignano, colse puntualmente tutta la bellezza e la perizia tecnica utilizzata per realizzare questo capolavoro di scultura e architettura.

‘Fece la sepoltura di Messer Carlo Marsupini aretino in S. Croce, la quale non solo in quel tempo fece stupire gl’artefici e le persone intelligenti che la guardarono, ma quegli ancora che al presente la veggono se ne maravigliano; dove egli avendo lavorato in una cassa fogliami, benché un poco spinosi e secchi, per non essere allora scoperte molte antichità, furono tenuti cosa bellissima. Ma fra l’altre parti che in detta opera sono, vi si veggono alcune ali che a una nicchia fanno ornamento a’ piè della cassa, che non di marmo, ma piumose si mostrano; cosa difficile a potere imitare nel marmo, atteso ch’ai peli et alle piume non può lo scarpello aggiugnere; èvvi di marmo una nicchia grande, più viva che se d’osso proprio fosse; sonvi ancora alcuni fanciulli et alcuni Angeli condotti con maniera bella e vivace; similmente è di somma bontà e d’artifizio il morto su la cassa, ritratto di naturale; et in un tondo una Nostra Donna di basso rilievo, lavorato secondo la maniera di Donato, con giudizio e con grazia mirabilissima’ (Vita di Desiderio da Settignano, in Vasari, Le vite, 1568).

I rilievi, tutti, sono stati eseguiti con una finezza che lascia senza fiato. Un gusto eccellente per le proporzioni e per il ritmo classico, scandito anche dalle scanalature delle due paraste, dona all’insieme un’organicità che risulta semplice eppure estremamente complessa. La testa coronata d’alloro del cancelliere è straordinaria: il volto è fissato in un’espressione che rasenta la beatitudine. Il viso, leggermente reclinato verso lo spettatore, è appoggiato su un cuscino rifinito con delle nappe (sicuramente di seta!), che a mio avviso rendono questo particolare uno degli aspetti più belli e commoventi dell’intera opera. Per me è infinitamente suggestivo rintracciare l’accostamento della bellezza o dell’eleganza con la caducità stessa di tutte le cose terrene. L’immagine marmorea, inorganica del volto del defunto sul cuscino prezioso… Trovo che sia travolgente.

La Tomba monumentale di Carlo Marsuppini [Figg. 29, 30, 31, 32, 33, 34], si trova nella Basilica di Santa Croce, a Firenze, e crea un dialogo esatto e serrato con la tomba di Leonardo Bruni, opera di Bernardo Rossellino, che lo fronteggia nella navata opposta.

Fig. 29, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Fig. 30, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, part., 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Fig. 31, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, part., 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Fig. 32, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, part., 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Fig. 33, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, part., 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Fig. 34, Desiderio da Settignano, Tomba monumentale di Carlo Marsuppini, part., 1454-1459, Firenze, Basilica di Santa Croce

Riguardo alla (precoce) morte di Desiderio da Settignano, Vasari narra che per lungo tempo, al sepolcro dell’artista furono apposti epigrammi e sonetti tra i quali il biografo aretino riporta questo:

‘Come vide natura dar Desiderio ai freddi marmi vita, e poter la scultura agguagliar sua bellezza alma e infinita, si fermò sbigottita, e disse: “omai sarà mia gloria oscura”. E piena d’alto sdegno troncò la vita a così bell’ingegno. Ma in van: ché se costui diè vita eterna ai marmi, e i marmi a lui’ (Vita di Desiderio da Settignano, in Vasari, Le vite, 1568).

Di tutte le formule descrittive ed espressive che ho trovato, studiando questo artista, una, letta tanti anni fa, mi è sempre parsa la più adeguata. E sicuramente la più bella.

‘[…] il lieve scorrer della luce sui piani appena ondulati del marmo, che sembra assumere la trasparente morbidità della cera, dà luogo a immagini tra le più perfette e aggraziate del Quattrocento fiorentino, di una sensitiva sottigliezza che si direbbe preleonardesca’ (Carli Enzo, Dell’Acqua Gian Alberto, Soria dell’Arte. Ad uso dei licei classici, vol. II, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1964, p. 242).

Lucia Borri

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